In recenti casi di IPO di
società italiane, ad alcuni risparmiatori interessati alla sottoscrizione,
diverse banche hanno negato tale possibilità, adducendo che esse non
partecipavano ai rispettivi consorzi di collocamento; nel caso di IPO di una
banca (IBL Banca), una banca ha opposto il suo diniego sulla base della
delibera interna che vieta alla banca di partecipare a consorzi di collocamento
di altre banche (la concorrenza è poco sacra…); per altri casi, e sono la
maggioranza, la ragione è puramente economica: le banche non hanno ritenuto
congrue le commissioni riconosciute ai collocatori, troppo basse per assumersi
l’onere di partecipare al collocamento e quindi servire i propri clienti.
Peccato che nel caso dell’IPO di Poste Italiane la chiamata al collocamento non ha avuto defezioni da parte delle banche, nonostante la commissione riconosciuta fosse lo 0,4%, contro una media dell’1,5% delle altre operazioni. Certamente l’IPO di Poste Italiane è una operazione “di sistema” cui non si può rinunciare, se non altro per il “prestigio”: o la vanità? come recita il detto inglese “sales is vanity, profit is sanity”.
Peccato che nel caso dell’IPO di Poste Italiane la chiamata al collocamento non ha avuto defezioni da parte delle banche, nonostante la commissione riconosciuta fosse lo 0,4%, contro una media dell’1,5% delle altre operazioni. Certamente l’IPO di Poste Italiane è una operazione “di sistema” cui non si può rinunciare, se non altro per il “prestigio”: o la vanità? come recita il detto inglese “sales is vanity, profit is sanity”.
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