Il termine “Unicorn” indica le imprese “start-up” la
cui valutazione supera il miliardi di US$; oggi negli USA ci sono 153 società con
tali caratteristiche, per una valutazione complessiva di 529 miliardi US$;
sinora, esse hanno raccolto sul mercato dei capitali 79 miliardi US$, a più
riprese. La loro valutazione, essendo esse per la maggior parte ancora “privately-owned”
e non quotate, è arbitraria, ma comunque è evocativa del fermento
imprenditoriale e tecnologico statunitense. Molte di queste società non hanno
mai fatto utili: la loro valutazione si basa sul “potenziale futuro”, che
talora tarda ad arrivare (ed in molti casi, non arriva). Fra le Unicorn che
sono andate quotate spiccano, in ordine di valutazione, Uber (51 miliardi),
Xiaomi (45 miliardi), Airbnb (25,5 miliardi), Palantir (20 miliardi), Didi
Kuaidi (17,4 miliardi); Spotify, che ha appena lanciato i suoi servizi anche in
Italia, è valutata 8,5 miliardi. Il mercato premia, con generose valutazione; e
giudica, con repentini crolli del valore, se le start-up non riescono a
mantenere le loro promesse, spesso fantastiche, ma irreali, come gli unicorni.
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