giovedì 30 ottobre 2014
Viva gli EET.
Acronimo di Esenzione (sui contributi versati), Esenzione (sui rendimenti dei fondi), Tassazione (sulla pensione integrativa), EET indica il sistema adottato per la tassazione sulle pensioni.
La maggioranza dei paesi OCSE adotta il sistema EET, con 3 grandi eccezioni: Danimarca, Svezia ed Italia.
Le tasse per i fondi pensione italiani sono presto dette: i contributi versati sono deducibili dal reddito nella misura massima di 5.184 euro; i rendimenti annui (anche se non distribuiti: è una tassa sul rendimento del periodo) sono oggi tassati all’11,5%, ma è in corso di attuazione un incremento al 20%; quando si andrà in pensione, la tassazione su quanto si incasserà sarà ad una aliquota oggi compresa fra il 9% ed il 15% (in funzione di vari parametri, fra cui la permanenza nel fondo).
Il sistema EET aumenta i vantaggi per il risparmiatore, poiché i rendimenti annualmente realizzati sul “patrimonio previdenziale” sono totalmente reinvestiti, e non ridotti dalla tassazione. Sarebbe meglio tassare la prestazione finale (generalmente, con prestazioni annuali od infra-annuali), nel contesto della tassazione del pensionato-contribuente.
L’Italia ha recepito la direttiva UE 41/2003 con il d.lgs 28/2007, ma non applica lo schema EET; la giustificazione, per l’Italia e tanti altri paesi, è la “problematica fiscale” unita alla “complessità della disciplina del lavoro e previdenziale”; in termini concreti, il timore di vedere ridurre l’introito fiscale nel breve termine (l’orizzonte usuale della politica).
Particolare interessante: molte imprese multinazionali hanno preferito creare e gestire “fondi cross-border”, così da avere un unico fondo per tutti i dipendenti, anziché uno per ciascun paese di presenza industriale.
Ulteriore riflessione sulla presenza di “lacci e lacciuoli” alla libera iniziativa economica.
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