Questo articolo è stato pubblicato nella rubrica #IlGraffio su AdviseOnlyBlog in data 11 maggio 2015.
Previsti dall’art 32 del Decreto Sviluppo del luglio 2012,
rivitalizzati dal “Decreto del fare”, le obbligazioni
per le PMI “hanno un grande futuro davanti a loro”: il mercato per i mini-bond è stimato in 21 miliardi (per confronto, il
totale crediti bancari erogati è di 1.400 miliardi), ora aperto anche ad
assicurazioni, fondi previdenziali, mercato retail oltre agli investitori
professionali.
Fra le ragioni
che sembrano arridere e spingere all’emissione di mini-bond vengono citati: accesso difficile al credito, costo elevato del debito bancario, difficoltà di ottenere credito a
medio-lungo termine.
Ma i mini-bond possono sostituire il credito
bancario? Forse no, ma possono integrare
la raccolta di finanziamento con un orizzonte più ampio sia a
breve termine (cambiali finanziarie) che a medio (obbligazioni e titoli
similari, anche convertibili in capitale) e senza vincoli di bilancio (possono
essere emessi anche per somme superiori al capitale sociale); sono inoltre
previste una pluralità di soggetti finanziatori-investitori e la possibilità di
un mercato secondario (quando gli investitori vendono e comprano dopo
l’emissione, su un mercato peraltro ancora da avviare per i mini-bond).
Se il mercato
“stimato” è di 21 miliardi, sinora sono stati emessi mini-bond per circa 1
miliardo: quando cresceranno? E chi è disposto a metterci le risorse per farli
decollare, quindi erogare prestiti alle imprese PMI? In Italia sono nati 25 fondi di credito per
investire in mini-bond, ma
tutti trovano difficoltà a raccogliere
capitale, lasciando quindi ai blocchi di partenza il progetto
ed impedendone lo sviluppo.
Come se non
bastasse, potenziali investitori chiedono la “garanzia statale”, prevista nel decreto “Destinazione Italia” a
copertura degli investimenti in mini-bond
emessi da PMI: il
decreto prevede infatti la costituzione di un fondo che garantisce
l’investitore società di gestione del risparmio (Sgr) che investa in
obbligazioni e titoli simili emessi da piccole
e medi imprese; a questa garanzia vorrebbero accedere anche i
fondi di previdenza complementare (6,1 milioni di iscritti, 110 miliardi in
gestione), potenziali investitori in questa tipologia di fondi. Ma allo stato
attuale, non si hanno notizie di chi debba attuare la previsione di
costituzione del fondo contenuta nel decreto, con quali coperture, per quali
tipologie di investimento e con quali procedure.
Sarà anche
“destinazione Italia”: ma sembra di viaggiare sui treni accelerati scomparsi
alla fine degli anni Sessanta.
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