Dal 2007, l’Italia ha “regalato” oltre 300 milioni annui ad
altri paesi UE per fare ricerca al posto del Belpaese: sui 41.500 milioni che
la UE ha messo a gara negli ultimi 7 anni, l’Italia ha visto assegnati 3.457
milioni, l’8,3% del totale; per contro, l’Italia contribuisce al bilancio UE
con il 13% delle risorse, che porta ad un saldo negativo di 2.000 milioni
totali, nei 7 anni coperti dal VII programma-quadro UE. La Germania si è vista
assegnare 6.960 milioni (il doppio dell’Italia), l’Inghilterra 5.900 milioni,
la Francia 4.600 milioni, l’Olanda 3.100 milioni (il 7,5% dei progetti totali,
a fronte di contributi del 3,3%). Il tasso di successo dei progetti presentati
dall’Italia è il 18,3% (meno di 1 su 5), contro una media del 20,5%, e del
24,1% della Germania; l’Italia si posizione al 20° posto, su 27, nell’assegnazione
dei fondi alla ricerca europea. Nelle prime 50 università europee che si vedono
assegnare fondi per la ricerca, vi sono 14 università inglesi e solo 2
italiane, al 35° posto (Politecnico Milano) e al 37° posto (Almamater Bologna);
tra le top imprese, solo 4 italiane; tra le prime 25 PMI per numero di progetti
non vi è una impresa PMI italiana. A sancire l’ecatombe, le parole della DG
ricerca della Commissione UE: “L’Italia è in generale ritardo tra i paesi leader
in termini di risorse complessive in grado di attrarre”. Sarà un bel paese, ma
assai poco attraente.
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