sabato 2 maggio 2015
Quod superest date dividendum.
L’azionista di riferimento di Poste Italiane, il MEF, ha deciso di chiedere, e la controllata ha deciso di ubbidire, un dividendo di 250 milioni di euro, superiore all’utile netto 2014 di 212 milioni (un quinto dei 1.000 milioni del 2013). Da un lato, operazioni di “pulizia di bilancio” (accantonamenti straordinari e svalutazioni) in previsione dell’IPO hanno consigliato il management postale di mettere a dieta i conti aziendali; dall’altro, l’azionista non ha tergiversato nel pretendere anche “quod superest” attingendo a piene mani a 38 milioni di riserve libere di patrimonio, non vincolate da esigenze patrimoniali o di vigilanza. Quando ci si prepara per una quotazione, si fanno sempre grandi proclami, e Poste non è da meno: EBIT fra 5 anni a 1.500 milioni (691 milioni nel 2014); sarà un lucente specchietto in grado di attrarre le allodole-investitori della prossima IPO di tutte le IPO? Nel frattempo, si studia anche il limite al possesso azionario (fra il 3% ed il 5%).
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