La vicenda-Luxottica occupa le pagine dei media e ricorda alcune
regole basilari, seppure non scritte, che governano gli affari delle società
quotate:
(1) i mercati vogliono chiarezza e trasparenza nella comunicazione
societaria, quando le notizie sono belle o meno belle, quando impattano sul
business come quando toccano la “corporate governance”;
(2) non è sufficiente essere quotati per essere una “società aperta e moderna”: quando il consiglio di amministrazione, e quindi il comando, è nelle mani esclusive della famiglia, per gli investitori finanziari e di minoranza non vi è modo e mezzo per intervenire e “premiare e punire” diverso da uno, sempre quello: comprare se le cose vanno o sono dichiarate andare bene, vendere se avviene il contrario;
(2) non è sufficiente essere quotati per essere una “società aperta e moderna”: quando il consiglio di amministrazione, e quindi il comando, è nelle mani esclusive della famiglia, per gli investitori finanziari e di minoranza non vi è modo e mezzo per intervenire e “premiare e punire” diverso da uno, sempre quello: comprare se le cose vanno o sono dichiarate andare bene, vendere se avviene il contrario;
(3)
il rapporto fra management ed azionista è un sottile equilibrio, e basta poco
per incrinarlo: quando nel breve volgere di poche settimane 2 CEO lasciano (il
primo dopo anni di indubbio successo, il secondo dopo 3 settimane di
sostituzione del precedente), la domanda che sorge spontanea è “ma quale
manager esterno si azzarda ad accettare la posizione di CEO, con tali premesse?”.
Non basta produrre occhiali per dire di vederci chiaro e lontano.
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