La disputa legale fra Corte USA e governo argentino sugli
effetti dell’ultimo “default” tecnico (decretato il luglio scorso) del paese
sudamericano riserva colpi di scena di notevole interesse, e non solo
finanziario: l’Argentina ha sostituito
il “trustee” statunitense Bank of New York Mellon come agente pagatore con una
banca locale argentina, presso la quale ha depositato 161 milioni di US$,
disponibili per il pagamento ai “bondholder” che hanno in mano i “bond” emessi
post-ristrutturazione del debito nel 2005 e nel 2010.
Il giudice USA ha a suo
tempo ritenuto illegale la decisione con cui la legge argentina ha consentito
di trasferire la giurisdizione dei “bond” fuori degli USA (dove i “bond” erano
stati “contrattualizzati”); per poter “passare ad incassare” i 161 milioni di
US$, i “bondholder” internazionali che non abbiano trasferito la giurisdizione
dei loro “bond” in Argentina, dovranno chiedere l’autorizzazione del giudice
USA; senza tale autorizzazione, diverrebbero “complici” dell’Argentina, poiché consentono
al governo di eludere la sentenza del giudice USA.
Complicità che colpirebbe “bondholder”,
Bank of New York Mellon (dove sono
depositati 539 milioni di US$ per il pagamento degli interessi sui “bond”
maturati sino a luglio, ma bloccati dal giudice che ha imposto che prima l’Argentina
paghi in toto i vecchi “bond” ante-ristruttuazione detenuti da 2 fondi hedge, pari
a 1.600 milioni di US$, che non sono stati convertiti nei nuovi “bond” emessi nel
2005 e 2010, in sede di “swap” del precedente “default”), Euroclear e Cleartream
(le piattaforme europee tramite le quali vengono autorizzati ed effettuai i
pagamenti).
In questo contesto, la maggior parte dei “bondholder” ha deciso di
attendere.
Un accordo fra l’Argentina ed i 2 fondi hedge non è previsto a
breve; se arriverà, ci sarà dopo il 31 dicembre 2014, quando verrà a cadere la
clausola “Rufo”, che prevede che un eventuale accordo separato fra Argentina e
detentori di titoli originali “ante-default” “smonti” la struttura complessiva
della ristrutturazione del debito argentino, col risultato che capitale ed
interessi – stimati in oltre 30 miliardi di US$ -- diventerebbero
immediatamente dovuti ed esigibili.
Ma resta l’incognita dell’atteggiamento
degli investitori che detengono i “bond” emessi post-ristrutturazione, che
potrebbero chiedere, a norma dei contratti degli “swap” del 2005 e del 2010,
una accelerazione dell’obbligo di pagamento prevista in caso di “default” del
debitore argentino, che è stato dichiarato dal giudice USA lo scorso luglio, ma
non ancora invocata.
Tango col casqué.
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