“”Luigi XVI
proseguiva l’ammodernamento del Regno; (…) redigeva un editto che prevedeva l’abolizione,
nei solo demani della Corona, della servitù della gleba e della pratica della
manomorta (http://it.wikipedia.org/wiki/Manomorta)
, al fine di “creare i presupposti di una vera libertà a favore di tutti i
cittadini”. Il preambolo di quel documento recitava: “Sempre attento a quanto
può favorire il benessere del nostro popolo, e mettendo tutto il nostro impegno
nel governare un Regno libero e generoso, Noi non desideriamo mai più di vedere
quei residui di servitù che attanagliano le province del Reame. Siamo rammaricati
nel constatare che un gran numero di sudditi siano ancora visti come parte di
una vetusta istituzione chiamata gleba. Essi, privati della libertà della loro
stessa persona, oltre che della proprietà, sono considerati alla stregua di un
bene feudale; non hanno la consolazione di disporre di beni propri, se non in
casi rigidamente prescritti, né di trasmettere ai figli il frutto del loro lavoro.
Perciò lo sviluppo industriale langue, e alla società si sottraggono energie
preziose”. Quindi annunciava: “Giustamente e in forza di tali considerazioni,
Noi oggi abbiamo voluto abolire senza eccezioni i residui di tale rigorosa
feudalità.". “”
Antonio Spinosa, “Luigi XVI. L’ultimo
sole di Versailles”, pg. 90.
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