“” Dal dosso su
cui passano, si scopre la piana dove la mischia più cruenta ha avuto luogo. Il suolo
è ricoperto di cadaveri. Gli avvoltoi fermi con gli artigli aggrappati sulle spalle o sulle facce
dei morti, chinano il becco a frugare nei ventri squarciati.
Questo degli
avvoltoi non è un lavoro che vada subito per il suo verso. Si calano appena la
battaglia volge alla fine: ma il campo è seminato di morti tutti catafratti
nelle corazze d’acciaio, contro cui i rostri dei rapaci battono senza neanche
scalfirli. Appena viene sera, silenziosi, dagli opposti campi, camminando
carponi, arrivano gli spogliatori di cadaveri. Gli avvoltoi risaliti a
vorticare in cielo, aspettano che abbaino finito. Le prime luci illuminano un
campo biancheggiante di corpi tutti ignudi. Gli avvoltoi ridiscendono e
cominciano il gran pasto. Ma devono sbrigarsi, perché non tarderanno ad
arrivare i becchini, che negano agli uccelli quel che concedono ai vermi.””
Italo Calvino, “Il cavaliere inesistente”,
1959
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