domenica 21 settembre 2014

Perché la Gran Bretagna è stato il primo paese a industrializzarsi?



“” La società dei consumi non era particolarmente più sviluppata che in altri paesi dell’Europa nordoccidentale. Anche il livello e la diffusione della conoscenza scientifica non erano significativamente superiori. Nel corso del XVIII secolo si erano compiuti decisivi progressi anche in altri settore dell’economia britannica, per esempio in quello agricolo, finanziario e commerciale; ma non appare automaticamente ovvio che tali progressi avrebbero innescato un’esplosione di investimenti per l’aumento di produttività nella manifattura del cotone, nell’industria siderurgica e nella generazione di forza vapore. (…) Non appare convincente la tesi secondo la quale le istituzioni politiche o giuridiche britanniche (…) fossero più adatte allo sviluppo industriale rispetto a quelle olandesi, francesi o tedesche. Agli osservatori di allora, la situazione del sistema politico e giuridico britannico nei fondamentali decenni del decollo industriale appare l’opposto di condizioni favorevoli allo sviluppo di un’industria ancora in fasce. (…) La Gran Bretagna si differenziava dagli altri paesi dell’Europa nordoccidentale per due aspetti che permettono di comprendere più a fondo la Rivoluzione industriale. Il primo consiste nel fatto che la manodopera era nettamente più cara che sul continente, anzi, più che in qualsiasi altro luogo sul quale possediamo della documentazione. Nella seconda metà del XVIII secolo il salario reale di un operaio parigino corrispondeva a poco più della metà di quello di un suo collega londinese. A Milano, i salari reali ammontavano ad appena il 26 per cento di quelli londinesi. (…) Il secondo aspetto è dato dal fatto che in Gran Bretagna il carbone era abbondante e facilmente accessibile, e quindi molto meno costoso che sull’altra sponda della Manica. Tra gli anni Venti e gli anni Sessanta dell’Ottocento la produzione delle miniere britanniche di carbone quadruplicò e il prezzo per tonnellata si ridusse di un quarto. Insieme, questi due fattori spiegano perché gli imprenditori britannici erano molto più stimolati di quelli continentali a favorire l’innovazione tecnologica. In Gran Bretagna, più che in qualsiasi altro paese, risultava vantaggioso sostituire il costoso lavoro degli operai con macchinari alimentati dall’economico carbone. Come la Rivoluzione francese, la Rivoluzione industriale si propagò in tutta Europa. Ma questa volta fu una conquista pacifica. I grandi inventori non riuscirono in genere a proteggere quelli che oggi si chiamerebbero i loro diritti di proprietà intellettuale. Con sorprendente rapidità, la nuova tecnologia fu quindi copiata e replicata sul continente e sull’altra sponda dell’Atlantico. (…) Occorsero appena due anni ai francesi per copiare il motore a vapore di Watts. (…) (al)le prime locomotive a vapore (…) sono occorsi appena cinque anni per attraversare l’Atlantico e invece dodici per arrivare in Germania (…).  Alla fine del XIX secolo, quindi, l’industrializzazione marciava a pieno regime lungo due ampi assi portanti: il primo si estendeva attraverso il Nordest americano (…); il secondo partiva da Glasgow e giungeva fino a Varsavia e persino Mosca. Nel 1800, sette delle dieci città più grandi del mondo si trovavano ancora in Asia, e le dimensioni di Pechino superavano quelle di Londra. Nel 1900, in conseguenza soprattutto della Rivoluzione industriale, soltanto una di esse era in Asia e tutte le altre in Europa e in America. “”

Niall Ferguson, Occidente, pagg. 237-238.

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