Il peso dell’industria industriale nei paesi UE è costantemente
diminuito dal 2000, quando pesava per il 26% sul PIL europeo; tale
evoluzione è stata variegata fra i principali paesi: la Germania è
rimasta stabile (22,5% nel 2000, 23% nel 2013), mentre per Italia (20%
nel 2000, 15,5% nel 2013), Francia (15% nel 2010, 10% nel 2013), Spagna
(18% nel 2000, 13% nel 2013) e UK (16% nel 2000, 10% nel 2013) il peso
dell’industria sul PIL è diminuito in modo significativo.
A livello mondiale, il quadro è chiaro: l’Europa aveva una quota
dell’attività manifatturiera mondiale del 31% nel 2000 ed è scesa al 22%
nel 2013; gli USA, nello stesso periodo, sono passati dal 27% al 17% e
la Cina è cresciuta dal 10,5% al 22%.
La più recente “Relazione sulla competitività 2013: senza l’industria
non ci saranno né crescita né nuova occupazione” della UE individua le
ragioni per mantenere una “dimensione critica” delle attività
manifatturiere nelle economie europee, i vantaggi comparativi dell’UE
che devono essere mantenuti e migliorati, le debolezze strutturali a
lungo termine che devono essere affrontate nel settore manifatturiero:
il settore manifatturiero è considerato sempre più fondamentale, sebbene
il peso dell’attività manifatturiera nell’economia dell’UE stia
diminuendo in favore dei servizi.
Occorre dunque una massa critica, rappresentata da una base di
produzione minima, dato che un calo della quota del settore
manifatturiero implica anche una perdita della base tecnologica e di
conoscenze essenziale per raggiungere un livello di sviluppo
sostenibile, e che l’industria manifatturiera produce forti ricadute
positive sul resto dell’economia ed in particolare sulla produttività
nel suo complesso.
Ogni euro di domanda finale nel settore manifatturiero genera circa
il 50% della domanda finale supplementare in altri settori
dell’economia. L’Europa gode di vantaggi comparativi in circa i due
terzi dei settori industriali, che rappresentano circa il 75% della
produzione manifatturiera dell’UE.
Tali vantaggi comparativi si concentrano nei settori dei prodotti complessi e di elevata qualità.
Aumentare gradualmente la complessità dei propri prodotti consente
alle industrie manifatturiere dell’UE di mantenere la propria posizione
competitiva.
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