Come ogni anno, il Global Entrepreneurship Index fotografa
il grado di imprenditorialità dei singoli paesi, facendo riferimento a criteri
quali livello di tecnologia, investimenti, disponibilità di capitale di
rischio, livello e qualità della formazione. Gli USA si confermano al primo
posto con un indice sintetico di 85, seguiti da Canada (81,5), Australia
(77,6), Gran Bretagna (72,7), Svezia (71,8), Danimarca (71,4), Islanda (70,4),
Taiwan (69,1); la Germania è all’ undicesimo posto (67,4), l’Italia al posto
numero 49 con un indice di 41,3. La fotografia, vista nei particolari, mostra
come a più alta imprenditorialità corrisponde maggiore nuova occupazione,
creata da nuove imprese in particolare piccole e medie (PMI): il 40% del PIL
USA è creato da imprese che non esistevano 20 anni fa, dove 6 posti di lavoro su
10 creati da nuove imprese vengono mantenuti dopo 5 anni dalla nascita della
nuova impresa; ed oltre la metà dei posti di lavoro creati in Europa in questi
ultimi 15 anni (nonostante la crisi epocale avvenuta nel biennio 2007-2008) è
arrivata da PMI. Gli eco-sistemi più favorevoli alla nascita di imprese restano
quelli a maggiore concentrazione di tecnologia: Silicon Valley ed Israele,
eco-sistemi dinamici dove la “turbolenza” rappresentata da nascite e decessi di
imprese è nel DNA.
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