Un estratto di questo articolo è stato pubblicato nella rubrica #IlGraffio su AdviseOnlyBlog in data 8.9.2015.
Vista dallo
spazio, La Terra è fatta per 2/3 di acqua, ma solo il 2,6% (per gran parte
intrappolata in ghiacciai ed iceberg) è dolce e solo l’1% è accessibile in
laghi, fiumi, sottosuolo; 6 stati (USA, Canada, Russia, Brasile, Cina, India)
ne controllano il 40%, ma se l’Asia ospita il 60% della popolazione mondiale,
essa ha solo il 36% delle risorse idriche disponibili, mentre il Nord del mondo
ha il 65% delle risorse idriche complessive ; Medio Oriente e Nord-Africa hanno
una disponibilità inferiore al 10% di quelle del Nord America. Nella stessa
Europa l’11% della popolazione ed il 17% del territorio sono interessati da
carenza idrica.
Il controllo
dell’acqua assume quindi svariati e cruciali aspetti: geo-politici (chi
controlla l’acqua ha un vantaggio politico e militare, chi non ne ha potrebbe creare
tensioni politiche e militari per averne la disponibilità), finanziari, economici,
demografici.
Riteniamo che
vi siano ottime ragioni per interessarsi al tema dell’acqua, della sua disponibilità (alta in regioni a bassa densità
abitativa, bassa in quelle ad alta intensità abitativa), del suo cattivo
utilizzo, della sua qualità.
Come per il
cibo (oggetto di un precedente #IlGraffio: http://it.adviseonly.com/blog/economia-e-mercati/politica-e-societa/ilgraffio-perche-il-cibo-e-asset-piu-rischioso-e-volatile/),
i dati sono allarmanti: 1 miliardo di persone non ha accesso ad acqua potabile,
quasi 2,5 miliardi di persone non ha servizi sanitari. Secondo l’ONU, nei
prossimi 20 anni la quantità di acqua disponibile per ogni persona potrebbe
ridursi del 30%, con evidenti differenze e squilibri: se un cittadino
statunitense dispone di 1.700 metri cubi d’acqua annui, in Africa la
disponibilità è di 250 metri cubi annui, in Kuwait (dove l’acqua sembra più
preziosa del petrolio) 10 metri cubi annui.
Il degrado ambientale
e lo spreco (e non solo nei paesi ricchi: pensiamo alla arretratezza della
tecnica agricola in vaste parti del mondo) sono cause importanti della penuria
di acqua: l’agricoltura consuma il 70% dell’acqua utilizzata nel mondo, e circa
la metà di quest’acqua si disperde per evaporazione. L’industria consuma il 5%
e l’uso civile e domestico il 10%, mentre il residuo “ritorna” ai fiumi come
refluo.
La marcia del
deserto sembra altresì inarrestabile, riducendo spazi utilizzabili per l’agricoltura
e inaridendo le fonti superficiali, ad un ritmo di 6 milioni di ettari di terra
produttiva l’anno, in particolare in Cina, Africa, Asia, Sud America.
Inondazioni e siccità aggiungono difficoltà e penuria.
Avere acqua è
necessario ma non è sufficiente: occorre saperla estrarre, purificare,
distribuire, allocare in modo efficiente, darne il giusto “valore” per gli utilizzatori,
attuando una politica di prezzo che da un lato ne incentivi un uso consapevole fra
agricoltura (il grande utilizzatore), industria, uso civile (e la sensibilità
al costo “funziona” in paesi avanzati, meno in altri) e dall’altro ne assicuri
l’accesso. Un aspetto spesso dimenticato è il c.d. “contenuto virtuale” in vari
prodotti, la cui comprensione dovrebbe indirizzare ad uso più consapevole della
“risorsa scarsa” acqua: il contenuto virtuale di acqua, calcolata in litri/kg,
è di 13.500 litri per un kg di carne bovina, 4.600 litri per quella suina,
2.750 litri per la soia, 1.400 litri per il riso, 710 litri per il mais, 105
litri per la patata (fonte: Fondazione Einaudi, “Acqua come risorsa”); ne
consegue che è possibile “orientare” la produzione di cibo in modo coerente con
le necessità e secondo un rapporto costi/benefici più efficiente, con evidenti
effetti micro- e macro-economici.
In tale
contesto, chi ha disponibilità
di acqua avrà cibo a sufficienza per nutrirsi; il valore di questa “buona acqua
e buona terra” potrebbe aumentare in modo significativo. L’ acqua sarà sempre
più al centro di politica e finanza.
E se per un
cittadino italiano che vive in una regione del Nord l’acqua non sembra essere
un “problema”, forse converrebbe iniziare a pensare che sia meglio fare la
doccia e non il bagno (cosa che fa “risparmiare” 250 litri ad ogni lavaggio), chiudere
il rubinetto mentre ci si lava i denti (45 litri risparmiati) o ci si fa la
barba (e sono altri 20 litri); e per tutti gli italiani, sarebbe bene “incrociare
le dita” e confidare che gli impianti, che hanno ormai una vita media di 40
anni, non cedano di colpo e facciano aumentare la già alta perdita d’acqua (il
39-40% di quanta immessa a monte).
Risulta quindi essenziale pensare ad
investimenti di adeguamento, manutenzione straordinaria, rinnovamento del
sistema idrico nazionale, secondo parametri economici di efficienza; e come
investitori, sarà allora bene valutare con attenzione fondamentali e
prospettive delle tante utilities quotate, a proprietà privata, semi-pubblica e
pubblica.
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