Dall’inizio del 2015, 9 società petrolifere ed energetiche USA hanno chiesto il “Chapter 11”
(concordato fallimentare) e i “bond” di 15 società sono in “default”:
effetto della caduta del prezzo del petrolio; la stima è che nei
prossimi 5 anni andranno in “default” prestiti bancari e “bond” per un
valore di 550 miliardi US$ (di cui 72 miliardi nel 2015 e 85 miliardi
nel 2016; fonte: BMI Research); oggi, sono 168 le società “distressed”
le cui obbligazioni hanno rendimenti superiori al 10% (e quindi
presumibilmente vicine al “default”).
L’ultima “vittima” è Samson Resources, controllata
da KKR, un noto fondo di private equity; negli ultimi 4 anni i fondi di
PE hanno investito oltre 48 miliardi US$ in società dell’ “Oil &
Gas” (fonte: Dealogic), un settore che ha già visto una riduzione dei
“rating”; una eventuale “stretta” da parte dei fondi di PE sarebbe molto
severa per tutto il settore energetico, alle prese con un mercato che
spunta prezzi ai minimi per il petrolio; anche l’OPEC prevede una
risalita assai lenta del prezzo del “crude oil” che raggiungerebbe
nuovamente “quota 80” solo nel 2020. “”I produttori più deboli
potrebbero vivere o viceversa morire per un capriccio dei loro
finanziatori”” che si accingono ad un severo “taglio” delle linee di
credito almeno del 15%.
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