Riteniamo che
manchino adeguati approfondimenti nel dibattito sulla riforma del Senato che, incidendo
sul dettato costituzionale, è peraltro soggetta ad un iter di approvazione
parlamentare complesso (maggioranza qualificata, doppio passaggio
parlamentare), che richiede l’ampia condivisione del suo contenuto; ricordiamo
che vi sono 2 rami del parlamento in paesi a forte tradizione democratica come
Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Germania, seppure con funzioni non sempre
equivalenti.
In questo
articolo ci ripromettiamo di affrontare alcuni temi:
Q1. Gli eletti al parlamento sono troppi, in
numero, sia in termini assoluti che in confronto con altri paesi?
In Italia
c’è un parlamentare ogni 63.800 abitanti, in Germania uno ogni 118.300, in
Francia uno ogni 71.100; accanto ai parlamentari (eletti), ci sono anche altri
rappresentanti (non eletti direttamente): il rapporto – se cambia in misura
minima in Italia: un rappresentante ogni
64.200 cittadini – vede un rappresentante ogni 131.400 abitanti in Germania,
uno ogni 95.400 nel Regno Unito, uno ogni 113.400 abitanti in Francia. Se in
Italia ci fosse la stessa proporzione rappresentanti/abitante esistente negli USA
(300 milioni di abitanti, 441 deputati, 100 senatori: 2 ogni stato), avremmo 20
senatori ed 85 deputati. In Italia ci sono troppi rappresentanti; il loro
numero potrebbe essere facilmente dimezzato (ed il costo totale potrebbe essere
ancora più basso se lo si adeguasse alla media europea; Camera e Senato
costano, insieme, circa 2 miliardi di euro annui); sponsorizziamo la riduzione dei deputati a
100 e dei senatori a 40 (2 per ogni regione, 1 per Valle d’Aosta e per le
province di Trento e Bolzano). Con la
riduzione dei rappresentanti scenderebbero i tempi di esame ed approvazione
delle proposte di legge: non sarebbe più necessario (e nemmeno utile) avere
commissioni parlamentari; le singole
proposte di legge verrebbero discusse in aula in sessione plenaria, con tempi
abbreviati.
Q2. Una riduzione del numero dei parlamentari
quali risultati conseguirebbe, dal punto di vista finanziario ed operativo del
Parlamento?
Si avrebbero meno costi, meno rappresentanti, più informati e
partecipi del lavoro parlamentare.
Q3. A quali modelli parlamentari fare
riferimento, per una riforma del sistema parlamentare?
Ne vediamo tre: uninominale secco all’inglese (chi arriva
primo in una singola circoscrizione, vince), uninominale al secondo turno alla
francese (si va al ballottaggio fra i primi 2 arrivati al primo turno, se il
primo non supera la metà più 1 dei voti espressi), proporzionale con
sbarramento al 5% alla tedesca. Con enfasi diverse, i 3 sistemi assicurano la stabilità politica,
bene importante della democrazia: il giorno dopo le elezioni, si sa chi
governerà per tutta la legislatura, salvo il caso (in Germania) del “voto di
sfiducia costruttivo” (un voto di sfiducia richiesto da chi, in parlamento,
fosse in grado di avere una diversa maggioranza, immediata e certa). Se in
Germania e Regno Unito esiste un “cancellierato forte”, in Francia il primo
ministro è subordinato al presidente della Repubblica (“kingmaker”). Se
l’obiettivo è avere un esecutivo “forte”,
i 3 sistemi elettorali rispondono all’obiettivo: il sistema inglese
“premia” il partito più forte, quello francese la coalizione, quello tedesco la
rappresentatività dei partiti.
Q4. Quali funzioni si vogliono assegnare a
Camera e Senato? Una critica corrente
è che in Italia vi sia un “sistema fotocopia” in cui Camera e Senato hanno la
stessa funzione: votare le proposte di legge, passandosele e ripassandosele
sino ad avere una perfetta coincidenza lessicale e formale, senza alcuna
specializzazione: il c.d. “sistema bicamerale perfetto”. Il “problema” non è il sistema, ma come esso
viene interpretato ed adottato. Ma assumiamo che sia percorribile la
“specializzazione” del Senato: su quali materie? Riteniamo proponibile un Senato
che si esprima sulle leggi finanziarie (forse anche su leggi che toccano i
diritti della persona: cittadinanza, salute, proprietà,…); riteniamo anche che il Senato possa fungere da
organo di legittimità costituzionale (tema ripreso alla domanda Q6).
Q5. È corretto che l’elezione dei
rappresentanti alla Camera sia fatta direttamente dagli elettori e che per il
Senato si pensi ad una formula “indiretta”?
La democrazia o è elettiva, od
è una parvenza di democrazia; riteniamo che anche il Senato debba essere eletto
a suffragio universale, attraverso il voto diretto degli elettori. Siamo
contrari ad una “elezione indiretta”.
Q6. Il Senato potrebbe assumere un ruolo di
“controllore della legge”, sostituendosi alla Corte Costituzionale? Sarebbe
un ruolo indebito, od auspicabile?
Il
Senato potrebbe sostituire la Corte Costituzionale nell’esame della legittimità
delle leggi rispetto al dettato costituzionale, con la abolizione della Corte
stessa.
Q7. La “formula giusta” è quella di ridurre la
proliferazione delle norme, aumentando l’autonomia della amministrazione? Vorremmo meno leggi, più provvedimenti, e
quindi responsabilità, della amministrazione consapevole, preparata,
autenticamente “al servizio dell’elettore e del cittadino”. Crediamo nella
necessità di una semplificazione dell’organizzazione “politica” dello stato, a
suo tempo pensata in una fase storica che risentiva, e ne faceva mostrare le
ferite inferte, di un abbandono del regime democratico, sostituito da uno
dittatoriale; nel 1946 si volle dare una organizzazione “lasca” ai vari poteri
dello stato, “depotenziandoli”.
Auspichiamo una
Camera ridotta nel numero degli eletti, fattiva nella legislazione; un Senato
organo di controllo istituzionale, eletto direttamente dal popolo. Addio ad una
Corte Costituzionale pletorica, politicizzata, costosa, inefficace nel suo
formalismo anacronistico.
Ma la vera
riforma non sta nel realizzare organi istituzionali “nuovi”; la vera riforma
sta nella de-legiferazione, nella eliminazione della norma come unico percorso
per amministrare e governare, con la “presa in carico” della gestione della
cosa pubblica da parte di una amministrazione fortemente rinnovata
rivoluzionata e responsabilizzata; il governo di un paese deve essere
realizzato attraverso l’azione della amministrazione pubblica su indicazioni di
massima fornite dalla legge, ma sotto la responsabilità diretta dell’amministrazione,
che deve assumersi la responsabilità di
far marciare il paese, giorno dopo giorno, sena potersi nascondere dietro il
più classico “abbiamo le mani legate”: e se mai così fosse, il nodo lo scioglie
alla maniera in cui venne sciolto il nodo gordiano.
Nessun commento:
Posta un commento