I fautori della “circular economy” sottolineano come un utilizzo
integrato (“circular”) delle risorse, sino ad un loro integrale ri-utilizzo,
possa portare ad aumenti della produttività dell’economia europea sino al 3%
annuo, risparmi di risorse sino a 600 miliardi di euro annui entro il 2030,
ulteriori benefici indiretti, per un ammontare complessivo di 1.800 miliardi di
euro.
In uno studio recente (McKinsey, Growth within: A circular economy vision for a competitive Europe) viene
ricordato come l’economia europea sia assai dipendente dall’energia, il cui utilizzo
è valutato “dispersivo”.
Per i fautori della “circular economy”, questa
aumenterebbe la produttività dell’uso delle risorse energetiche, ne
diminuirebbe gli sprechi, ridurrebbe la dipendenza energetica, aumenterebbe
occupazione, competitività, innovazione.
Un cittadino europeo medio utilizza 16
metri cubi di materiale all’anno; il 60% dei sui rifiuti viene “stoccato” in
discarica od incenerito, e solo il 40% riciclato e riutilizzato; l’Europa “perde” il 95% della catena del
valore dei prodotti e dell’energia utilizzata, e quindi solo il 5% di tutto
quanto immesso a monte viene effettivamente recuperato; anche in casi di
successo (acciaio, PET, carta) si perde
fra il 30% ed il 75% del materiale originario.
Oggi in Europa un prodotto si
usa una sola ed unica volta.
Una autovettura resta ferma, parcheggiata, il 92%
del tempo, il 31% del cibo viene perso durante il suo ciclo di vita, gli uffici
sono utilizzati fra il 35% ed il 50% del tempo (anche durante le ore
lavorative). E i cicli di vita utile di un prodotto sono brevi, in media solo 9
anni (con esclusione degli immobili).
Tutto questo ha un “costo” in termini di
energia, materiali, imballi utilizzati; questo “modo di produrre” è stimato in
7.200 miliardi di euro annui solo per 3 settori: mobilità, alimentare,
costruzioni; di cui, 1.800 miliardi per il costo effettivo dei materiali e
delle risorse impiegate, 3.400 miliardi per i costi e le spese, private e del
settore pubblico, legati ai 3 settori considerati, 2.000 miliardi per esternalità
(costi legati a congestione del traffico, inquinamento, rumori,…) (fonte:
McKinsey).
Materiali e componenti costituiscono fra il 40% ed il 60% del totale
dei costi industriali nelle imprese europee, ed il 60% dell’energia fossile e
dei metalli è importato.
In questo scenario, una “economia circolare” del
recupero dei materiali e dell’energia (inclusi componenti chimici e
fertilizzanti per l’agricoltura) potrebbe conseguire un risparmio sino al 32%
(nel 2030) od al 53% (nel 2050).
Ma la “circular economy” si scontra con 2
aspetti critici: la influenza che potere politico e “lobby” hanno sulle scelte
che toccano investimenti, in settori quali trasporto pubblico, sussidi all’agricoltura,
regolamentazioni nel campo edilizio; l’elasticità della domanda da parte dei
consumatori, che tendono a privilegiare scelte individuali meno “efficienti”
(l’autovettura individuale, lo sperpero di cibo) quando “le cose vanno meglio”.
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