Un estratto di questo articolo è apparso nella rubrica #IlGraffio su AdviseOnlyBlog in data 14.9.2015.
Nell’autunno
2014, il MEF lanciò una operazione di riacquisto
(“buy-back”) di titoli di debito
delle Regioni, ai sensi dall’art. 45 DL 66/2014 convertito in L.89/2014
(c.d. ristrutturazione del debito delle regioni), con lo scopo di generare
risparmi sulla spesa per interessi della pubblica amministrazione e una
semplificazione delle posizioni debitorie delle Regioni, per totali 8.200
milioni di euro, a vantaggio di 8
Regioni: Abruzzo, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte,
Puglia. Con tale buyback, si voleva sostituire
titoli regionali emessi negli anni precedenti a tassi più alti degli attuali (sino
al 6,26% fisso) con mutui a tassi
correnti, a sua volta finanziati a tassi di mercato da parte del Tesoro
(oggi, pari al 2,99% annuo), con una riduzione
della spesa complessiva per interessi della Pubblica Amministrazione., risparmio
di interessi prioritariamente destinato al pagamento
dei debiti commerciali delle Regioni. L’operazione non andò a buon fine, ed
a distanza di oltre 1 anno il governo ci riprova con una nuova operazione per 7.800 milioni totali. Il MEF ha oggi il
compito di emettere un “mega-bond” sino a 7.800 milioni che sarà utilizzato per
finanziare il riacquisto, da parte delle 8 Regioni, dei loro titoli oggi in
circolazione, al netto del valore dei derivati; MEF che - per assicurarsi che
venga erogato solo quanto effettivamente necessario - deve verificarne il
valore effettivo.
La
norma individua 2 tipologie di debiti per i quali è consentito utilizzare la
provvista messa a disposizione dal MEF allo scopo dell’estinzione anticipata:
1.
I debiti relativi a mutui già contratti
dalle regioni col MEF o la CDP SpA, con vita residua di almeno 5 anni e
importo residuo superiore ai Euro 20 milioni;
2.
I debiti relativi ai prestiti
obbligazionari emessi dalle regioni, con vita residua non inferiore a 5
anni e con un valore dei titoli in circolazione pari o superiore a Euro 250 milioni.
Per
entrambe le tipologie, la provvista messa a disposizione dal MEF consisterà in
un mutuo che le regioni dovranno
rimborsare su base trentennale, pagando un tasso di interesse passivo
fissato in base al rendimento dei BTP aventi la durata finanziaria più vicina a
quella del mutuo concesso dal MEF. Qualora ai titoli oggetto del riacquisto
siano associati dei derivati (swap), le Regioni dovranno obbligatoriamente
procedere alla loro contestuale chiusura.
La
norma riguarda solo le regioni (ed il MEF ne ha indicate 8 come rientranti fra
i destinatari) e non gli enti locali, che spesso si trovano in situazioni
simili, risultando il tutto in una disparità di trattamento fra enti locali e
Regioni interessate.
Critiche
furono a suo tempo avanzate sulla legittimità dell’estinzione di un debito
verso un creditore usando la provvista ricevuta da un altro finanziatore (con
ciò contraendo un altro debito che sostituisce quello precedente), considerata
una operazione contraria al rispetto delle norme che ammettono l’indebitamento
per soli fini di investimento (cosa che non si presenta in caso di buyback).
Sarà un aspetto solo formale, ma non così “banale”.
La
previsione dell’art. 45 comporta che la durata del debito regionale risulterà
complessivamente di (o superiore a) 30 anni, che era un limite massimo alla
base del principio cui era stata precedentemente assoggettata la
ristrutturazione dei debiti di regioni ed enti locali.
Con
il buyback così rinnovato, si dovranno riacquistare titoli regionali illiquidi (mercato virtualmente inesistente) e con
valori attuali stimati inferiori a
quelli del 2014 a causa del peggioramento del loro “rating”; inoltre, si
dovranno anche “chiudere” i contratti di copertura degli interessi esistenti (“swap”),
la cui valutazione risulta altrettanto se non più difficile. Il MEF ha indicato
le formule con cui addivenire ad un loro calcolo.
Perché l’operazione che
non ha funzionato nel 2014 dovrebbe funzionare nel 2015?
Gli
operatori bancari scommettono sulla maggiore
liquidità esistente, dopo gli interventi di QE; sulle migliorate
condizioni di mercato dei titoli governativi; sulla tempistica che si posiziona entro fine 2015. In caso di successo,
le Regioni interessate potranno ridurre le cedole sul loro debito al 3% annuo
circa, portare a 30 anni la durata del debito (contro i 5 anni cui si fa
rifermento nella norma indicata), chiudere i contratti derivati.
Tutto bene? A
seconda di come si vuole vedere, mezzo pieno o mezzo vuoto, il bicchiere
(scheggiato) della finanza pubblica italiana, il MEF si troverà ad emettere
nuovo debito a 30 anni al tasso del debito sovrano, allo scopo di alleggerire gli
oneri per la finanza regionale; Regioni che non saranno “invitate” a mettere in
ordine conti e spese oggi fuori controllo, ma si potranno limitare a pagare
(parte dei loro cospicui) debiti commerciali verso fornitori.
Come
noto, la finanza, anche quando creativa, crea poco se non nulla, salvo
distruggere credibilità e rettitudine.
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