domenica 21 settembre 2014

Anglo-globalisation o sakoku?


“”(…) alla fine del XVII secolo, l’Inghilterra conobbe un considerevole incremento demografico, l’espansione oltre oceano assunse un ruolo cruciale nel favorire la liberazione del paese dalle maglie della trappola maltusiana. Il commercio transatlantico garantì il flusso di nuovi alimenti ad alto potere nutrizionale garantì il flusso di nuovi alimenti ad alto potere nutrizionale come le patate o lo zucchero – un ettaro di terra coltivato a canna da zucchero forniva lo stesso valore energetico di 12 ettari coltivati a grano – nonché un’abbondante rifornimento di merluzzi e aringhe. La colonizzazione consentì l’emigrazione della popolazione in eccesso. Nel tempo, gli effetti furono un generale aumento della produttività, dei redditi, della nutrizione e persino della statura. (…) mentre gli inglesi si lanciarono aggressivamente all’esterno, ponendo le fondamenta di quello che si può (…) definire “anglo globalizzazione”, i giapponesi, dopo il 1640, scelsero la via opposta adottando (…) un rigido isolamento (sakoku). Ogni forma di contatto con il mondo esterno fu proibita. Di conseguenza, il Giappone non riuscì a cogliere nessuno dei vantaggi offerti dal rapido incremento del commercio globale. I risultati sono impressionanti. Alla fine del XVIII secolo, oltre il 28 per cento della dieta dei contadini inglesi consisteva di alimenti di origine animale; i contadini giapponesi erano invece costretti a una dieta estremamente monotona, fatta per il 95 per cento da cereali, perlopiù riso. Questa differenza nutrizionale spiega il netto divario di statura determinatosi dopo il 1600. L’altezza media dei detenuti inglesi, nel XVIII secolo, si aggirava a un metro e settantatre centimetri. Quella dei soldati giapponesi, nello stesso periodo, era di appena un metro e cinquantotto centimetri. Così quando, proprio allora, l’Oriente incontrò nuovamente l’Occidente, non potevano più guardarsi direttamente negli occhi””.

(Niall Ferguson, Occidente, pg. 69-70).

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