giovedì 3 dicembre 2015

La fotografia della Ricchezza delle famiglie italiane: luci, ombre, trend.



La Banca d’Italia ha pubblicato la più recente Indagine sulla Ricchezza degli Italiani, realizzata su dati aggiornati a fine 2014.

Ripercorriamo questo interessante percorso, rinviando al sito istituzionale per una più ampia descrizione.





Il reddito delle famiglie italiane.



Nel 2014 il reddito familiare annuo al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali è stato in media pari a 30.500 euro, un valore analogo, in termini di potere d’acquisto, a quello rilevato dalla precedente indagine per il 2012. Il 20 per cento delle famiglie ha un reddito netto annuale inferiore a 15.000 euro, mentre la metà ha un reddito superiore ai 25.000; il 10 per cento delle famiglie a più alto reddito percepisce più di 55.000 euro annui.

La stabilità, in termini reali, del reddito familiare medio tra il 2012 e il 2014 interrompe il calo di circa il 15 per cento registrato tra il 2006 e il 2012.

Tra il 2006 e il 2012 il calo del reddito medio equivalente aveva riguardato gli individui con reddito prevalente da lavoro o da trasferimento diverso dalla pensione, e quelli con età tra i 19 e i 54 anni; i pensionati e, quindi, i più anziani, avevano registrato una diminuzione più contenuta. Nel biennio successivo il ritmo di caduta si è sensibilmente attenuato rispetto a quello dei 6 anni precedenti per tutte le categorie professionali e di età eccetto che tra le persone con almeno 55 anni e tra quelle in condizione non professionale.

Il 10 per cento degli individui con il reddito equivalente più basso percepisce il 2,1 per cento del totale dei redditi prodotti; il 10 per cento di quelli con redditi più elevati ne percepisce invece il 24 per cento. La quota di individui a basso reddito, ovvero di chi ha un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano, è passata dal 19,6 per cento del 2006 al 22,3 per cento nell’ultima rilevazione. Tale quota è più alta nel Mezzogiorno e tra gli stranieri (rispettivamente, 39 e 44 per cento circa) e diminuisce progressivamente al crescere dell’età.





La ricchezza degli italiani.



Nel 2014 le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta, costituita dalla somma delle attività reali e delle attività finanziarie al netto delle passività finanziarie, di 218.000 euro; il valore degli immobili rappresenta oltre i quattro quinti della ricchezza delle famiglie; il loro valore cresce progressivamente all’aumentare della classe di ricchezza, fino a circa 850.000 euro in media tra le famiglie dell’ultimo decimo di ricchezza netta. Queste famiglie detengono anche la metà del complesso delle attività finanziarie, in media pari a 125.000 euro.

Tra il 2012 e il 2014 la ricchezza netta familiare media è scesa in termini reali dell’11 per cento; la mediana è diminuita solo del 3 per cento. La diversa dinamica riflette la forte caduta della ricchezza netta delle famiglie più abbienti: nel quinto più alto è diminuita del 15 per cento. Questa diminuzione è sostanzialmente legata al calo del valore del loro patrimonio immobiliare, che riflette in misura ampia il peggioramento delle valutazioni unitarie.

Negli ultimi venti anni i divari di ricchezza tra i più giovani e i più anziani, che riflettono anche il naturale processo di accumulazione dei risparmi lungo il ciclo di vita, si sono progressivamente ampliati: in termini reali, la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia tra i 18 e i 34 anni è meno della metà di quella registrata nel 1995, mentre quella delle famiglie con capofamiglia con almeno 65 anni è aumentata di circa il 60 per cento: il rapporto tra quest’ultima e quella dei più giovani è passato da meno dell’unità a oltre 3.

Alla fine del 2014 un quarto delle famiglie italiane possedeva almeno un’attività finanziaria diversa dai depositi bancari o postali, in lieve aumento rispetto alla fine del 2012: in circa tre quarti dei casi si trattava esclusivamente di investimenti diretti, perlopiù obbligazionari, mentre un decimo delle famiglie interessate possedeva solo forme di risparmio gestito (fondi comuni e gestioni patrimoniali).

Le attività finanziarie sono più concentrate del patrimonio totale. Il valore di quelle detenute dal 40 per cento delle famiglie italiane con ricchezza netta più bassa, in media appena superiori a 5.000 euro, rappresenta l’8 per cento della ricchezza finanziaria, mentre il 20 per cento delle famiglie più abbienti, con una media attorno agli 84.000 euro ne detiene i due terzi, metà di cui sono del 5 per cento più ricco.

Nel 2014 i nuclei con capofamiglia lavoratore dipendente, che rappresentavano circa il 46 per cento delle famiglie italiane, possedevano il 35,6 per cento della ricchezza finanziaria.

I nuclei con capofamiglia lavoratore autonomo, un decimo delle famiglie italiane, detenevano il 19,1 per cento della ricchezza finanziaria e quasi la metà delle azioni detenute dalle famiglie italiane. Le famiglie con capofamiglia pensionato, che rappresentavano il 38,2 per cento del totale, possedevano oltre la metà del valore complessivo sia dei titoli di Stato italiani sia degli investimenti indiretti.





Gli strumenti di pagamento.



È ancora aumentata la diffusione degli strumenti di pagamento elettronici: la quota di famiglie con carte di debito è salita dal 71 per cento nel 2012 al 75 per cento nel 2014; quella dei nuclei che usano carte di pagamento prepagate da quasi il 17 a poco più del 21 per cento. Resta invece complessivamente stabile, attorno al 30 per cento, la quota di famiglie che usa carte di credito.





Gli immobili: il tesoro degli italiani.



Nel 2014 il 70 per cento delle famiglie possedeva almeno un immobile residenziale. La quota di famiglie proprietarie dell’abitazione di residenza era solo di poco inferiore, pari al 67,7 per cento, sostanzialmente in linea con quella registrata nell’indagine sul 2012; il 20,7 per cento era in affitto, mentre il restante 11,6 per cento la occupava a uso gratuito, in usufrutto o a riscatto. Nonostante l’ampia diffusione della proprietà immobiliare, il suo valore è decisamente più concentrato: il 59 per cento è detenuto dal 20 per cento delle famiglie più abbienti.

Nelle percezioni delle famiglie intervistate, cui è stata chiesta una valutazione del valore di mercato della propria abitazione di residenza, i prezzi al metro quadro si sono ridotti di quasi il 5 per cento nel biennio 2012-14, una dinamica solo lievemente inferiore a quella registrata dall’Indice dei prezzi delle abitazioni dell’Istat nello stesso periodo, e in forte attenuazione rispetto a quella registrata dalla precedente indagine (-8,7 per cento tra il 2010 e il 2012). I prezzi al metro quadro delle seconde case dichiarati dalle famiglie hanno avuto un andamento decisamente più negativo, contribuendo in misura significativa alla riduzione della ricchezza delle famiglie più abbienti, appartenenti all’ultimo quinto della distribuzione, che posseggono oltre l’80 per cento del valore complessivo delle case non adibite a propria residenza. Le abitazioni di residenza occupate dai proprietari hanno un valore in media pari a 220.000 euro; i proprietari stimano che dovrebbero pagare in media 6.800 euro annui per prenderle in affitto.

Le abitazioni di residenza in affitto hanno un valore medio inferiore (122.000 euro), prevalentemente per effetto della minore superficie media (rispettivamente, 74 e 110 metri quadrati).





Indebitamento delle famiglie italiane.



Alla fine dell’anno era indebitato il 23 per cento delle famiglie italiane per un ammontare medio di poco più di 44.000 euro; nel 2012 era indebitato il 25,9 per cento delle famiglie per un ammontare medio di 51.500 euro (nel 2010 erano il 27,7 per cento per un importo medio di 44.500 euro).

Il calo della quota di famiglie indebitate riflette la minore incidenza sia dei debiti per l’acquisto o la ristrutturazione di immobili (dal12,2 al 10,9 per cento tra il 2012 e il 2014) sia di quelli per il finanziamento del proprio consumo.

A differenza delle attività, finanziarie e reali, l’ammontare dei debiti è distribuito in modo meno disomogeneo tra le classi di ricchezza: il 20 per cento più ricco ne possiede il 28 per cento, mentre il 20 per cento delle famiglie meno abbienti ne detiene il 7 per cento, con un valore medio inferiore a 4.000 euro (18.000 euro in media per famiglia indebitata). Il rapporto tra l’ammontare del debito e il reddito monetario annuo, un indicatore di sostenibilità dell’indebitamento che indica quante annualità di reddito sarebbero necessarie a estinguere lo stock di debito detenuto, è sceso al 73 per cento per la famiglia indebitata mediana (poco meno di 9 mesi di reddito) dall’80 per cento stimato nella precedente rilevazione.

Il costo del servizio del debito rilevato dall’Indagine di Bd’I, che include sia la quota di capitale da restituire sia i relativi interessi, è in media per la famiglia indebitata di 5.600 euro all’anno, pari al 17,3 per cento del reddito monetario (5.800 euro e 18,9 per cento nel 2012).





Una rapida sintesi della evoluzione della società italiana.



Negli ultimi quarant’anni la società italiana è molto cambiata.

La popolazione è invecchiata, il livello medio di istruzione è aumentato, la partecipazione al mercato del lavoro delle donne è cresciuta; questi sviluppi si sono riflessi sulla struttura dei nuclei familiari e sulle loro condizioni economiche. Secondo le statistiche dell’Istat, la quota di persone di età superiore a 64 anni è raddoppiata dall’11 al 22 per cento, quella dei giovani fino a 14 anni è scesa dal 22 al 14 per cento. A questa ricomposizione hanno concorso sia i guadagni di longevità sia il calo della natalità: la speranza di vita alla nascita è passata da 70 a 80 anni, quella a 60 anni da 17 a 23 anni; il tasso di fecondità totale da 2 a 1,4 figli. La quota di diplomati e laureati nell’intera popolazione è cresciuta da meno del 20 per cento a circa il 35 per cento; nella fascia d’età tra i 20 e i 34 anni, dal 35 per cento a circa i due terzi. Il tasso di occupazione femminile è salito da circa un terzo a circa la metà tra le donne di età compresa tra i 15 e i 64 anni.

Nel 1977 vi erano poco meno di 17 milioni di famiglie composte, in media, da 3,3 componenti; nel 2014 il loro numero era salito a quasi 25 milioni e la dimensione media era diminuita a 2,5 persone. Il calo della dimensione media si è accompagnato con un significativo mutamento delle tipologie familiari: si è dimezzata l’incidenza delle coppie con figli (dal 63 al 34 per cento), è triplicata quella delle famiglie mono-componente (dal 9 al 30 per cento) ed è raddoppiata la quota di famiglie con un solo genitore (dal 5 al 9 per cento).

Tra il 1977 e il 2014 il reddito familiare medio equivalente (al netto dei proventi delle attività finanziarie, che sono rilevati solo dal 1987) è aumentato di circa il 35 per cento in termini reali. La caduta registrata tra il 2010 e il 2012 ha annullato i guadagni realizzati tra il 1998 e il 2006, riportando le entrate familiari sui livelli del 1989-1991.



La prolungata flessione del reddito registrata all’inizio degli anni novanta, nel complesso più contenuta di quella più recente, ha comportato un aumento della quota di individui a basso reddito e della disuguaglianza,misurata dall’indice di Gini.

Dal 1977, l’incidenza degli individui a basso reddito è fortemente cresciuta nelle fasce d’età fino ai 50 anni, più che raddoppiando tra quelle più giovani, mentre è calata tra chi ha più di 65 anni, rispecchiando il miglioramento delle condizioni economiche relative dei pensionati e il lieve peggioramento di quelle dei percettori di redditi da lavoro, soprattutto alle dipendenze. La quota di individui a basso reddito è salita dal 20 a oltre il 30 per cento tra i nuclei familiari con almeno 4 membri e dal 10 al 20 tra quelli con tre membri, mentre è diminuita tra i single.

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