mercoledì 16 dicembre 2015

Petrolio in calo, fondi sovrani alla cassa, gestori sofferenti.



La caduta del prezzo del petrolio, sceso sotto i 40$/barile, se porta solo benefici all’industria ed ai consumatori, crea problemi ai grandi gestori di investimento. 
Fra i primi 50 fondi sovrani del mondo, 26 sono espressione di paesi produttori ed esportatori di petrolio, ed insieme hanno attività finanziarie di 6.300 miliardi US$; una discesa, od una caduta, del prezzo del petrolio riduce le fonti di sostegno delle economie locali, specialmente quelle che sono dipendenti dai flussi di incasso dalla vendita del barile: i 2 fondi sovrani dell’Arabia Saudita hanno asset per 672 miliardi, il Kuwait 492, il Qatar 256, i 7 fondi UAE 1.215. Nel corso del 2015 l’Arabia Saudita ha già “smobilizzato” 70 miliardi di investimenti per sostenere i costi della sua spesa pubblica (fonte: Prequin); nei soli ultimi 2 mesi altri 19 miliardi US$ sono usciti dai portafogli dei principali gestori di investimento mondiali (nel corso dell’anno, Blackrock ha visto ridursi i suoi assets di 24 miliardi, State Street di 65 miliardi, e così molti altri). 
Il mondo dei gestori si trova ad affrontare un doppio problema: la riduzione del valore degli asset gestiti e la perdita (spesso sostanziale) di commissioni incassate. 
E se il petrolio continuerà a veleggiare sulle attuali quotazioni, per l’industria della gestione di investimenti presente e futuro saranno meno ricchi.

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